Il tasso di conversione diventa puntualmente protagonista ogni volta che si parla di pubblicità online. Il CTR, dall’inglese click-through rate, è infatti un indice facile da calcolare e facile da spiegare e vuole essere uno strumento per i marketing manager e i consulenti web per misurare l’efficacia di una campagna pubblicitaria on line e quindi valutare l’investimento pubblicitario.
Quindi perché le aziende aumentano gli investimenti in pianificazioni banner nonostante da anni il calo del CTR sia una tendenza consolidata, già certificata da diverse ricerche di Google e altre fonti autorevoli? Perché non bisogna dimenticare che l’obiettivo di qualsiasi piano di marketing non è trasformare gli utenti in “clicker” ma dare visibilità al brand e essere presente nella mente del potenziale cliente nel momento del bisogno del prodotto o servizio.Come nel caso delle grandi affissioni lungo le strade di maggiore traffico delle principali città, le aziende presidiano gli spazi a disposizione per dare visibilità al brand e comunicare messaggi; non è quindi questione di numero di click, quanto di visualizzazioni, ossia di esposizione del proprio pubblico target.
In questo senso il tasso di conversione non è un indicatore sufficiente per valutare l’investimento come l’aumento delle visite al sito web aziendale non è strettamente correlato all’aumento di fatturato.Google stimava qualche anno fa (2010), che solo lo 0,09% degli utenti era disposto a interrompere la navigazione per scoprire cosa c’era dietro i banner e parliamo quindi di meno di 1 click ogni mille impressions o visualizzazioni.
Ma anche chi non clicca è comunque esposto al messaggio e per questo motivo la campagna banner deve essere inserita in una strategia di comunicazione integrata (ho già parlato della necessità di un piano sia online che offline) che permetta ai potenziali clienti di ricordarsi e ritrovare il nostro brand proprio nel momento giusto… quello dell’acquisto.
Riccardo Marinelli · 28 luglio 2014